Un nome che è tutto un programma e che ci riporta alle immagini più felici della nostra infanzia. Il biancomangiare è uno di quei dolci che scaldano il cuore, legati a doppio filo con la storia d’Italia. Leccornia da gustare a colazione come a merenda con un paio di biscotti, ma anche a cena come delizioso dessert, si tratta di un dolce al cucchiaio dal colore rigorosamente bianco. Morbidissimo, si scioglie in bocca ed è anche molto semplice da cucinare. La ricetta, come spesso accade in Italia, varia da regione a regione e ora si usa il latte di mandorle ora le mandorle messe a macerare, ora il latte bovino ora ovino. Ma qual è la storia del biancomangiare e perché si chiama così?
La storia del biancomangiare
Sin dal Medioevo, il termine biancomangiare indicava un piatto cucinato unicamente con ingredienti bianchi, colore simbolo della purezza e dell’aldilà. In origine consumato solo dal ceto nobile o, comunque, benestante, poteva essere sia dolce che salato e, per prepararlo, venivano usati lardo, petto di pollo, riso, latte o mandorle. Tutti cibi bianchi. Si pensa che l’origine sia da trovare in Francia, dove in molti ricettari dell’epoca riportano il nome Blanc Manger, mentre la diffusione in Italia sarebbe da ricondurre al XI secolo. Pare che al celebre banchetto della Gran Contessa Matilde di Canossa, tenutosi per far riappacificare Papa Gregorio VII e l’Imperatore Enrico IV, venne servito come dessert.
La storia del biancomangiare
Col passare dei secoli questo piatto è diventato un vero e proprio dolce, oggi parte dei PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali) di tre regioni italiane: Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta. Pellegrino Artusi, nel suo famoso La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ne scrisse gli ingredienti: “150 g mandorle, di cui tre amare, 150 g zucchero in polvere, 20 g colla di pesce, panna o fior di latte mezzo bicchiere a buona misura, acqua un bicchiere e mezzo, acqua di fiori d’arancio 2 cucchiai”.
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